74. Aspetti clinici delle infezioni vulvovaginali

Terapia Oggi. Anno IX. N° 8. pag. 13-18. Ottobre 1990
( in coll. P. Guarnerio, L.M. Gandini, M. Dindelli, G. Pifarotti )
Summary: La flora batterica costituisce un ecosistema composito la cui alterazione è all’origine delle infezioni vulvovaginali. Accanto a batteri non patogeni esiste la possibilità dello sviluppo di batteri Gram positivi e Gram negativi sia aerobi che anaerobi. I sintomi tipici di una infezione genitale sono: prurito, bruciore, eritema e la comparsa di leucoxantorrea. Le cosidette vaginiti specifiche sono prevalentemente determinate da: Candida, Trichomonas vaginalis, Gardnerella e Naisseria gonorree. La presenza di virus a livello del basso tratto genitale ha suscitato grande interesse nell’ultimo decennio. I virus di maggior rilievo sono quelli di tipo HSV2 e l’HPV. I Papilloma virus umani (HPV) costituiscono un gruppo molto numeroso di piccoli virus a DNA clinicamente caratterizzati dalla capacità di indurre neoformazioni in epiteli squamosi. La patogenicità del virus si esplica a livello cellulare con la comparsa di inclusi nucleari (balloon degeneration), la formazione di policariociti (cellule di tipo sinciziale), la comparsa di cellule bi o tri-nucleate e la presenza di aberrazioni cromosomiche. La vaginite erpetica è caratterizzata dalla formazione di vescicole a grappolo che rompendosi danno origine ad ulcere. A questo riguardo bisogna distinguere: (a) infezione primaria caratterizzata da iperemia, laucorrea, arrossamento e vescicole che dopo 24-48 ore, rompendosi, danno origine ad ulcerazioni dolenti al tatto; (b) infezione persistente caratterizzata da scomparsa incompleta del quadro clinico della malattia con persistenza del virus anche in presenza di anticorpi circolanti; (c) infezione latente con episodi di riacutizzazione ravvicinati e fastidiosi a seguito della forma persistente. Fra le infezioni genitali in gravidanza bisogna ricordare il gonococco con la sua manifestazione neonatale ormai rarissima a seguito della sistematica instillazione di protargolo al 5% che attualmente ha sostituito il nitrato d’argento all’1%. La Clamydia trachomatis nei paesi occidentali è presente in circa l’8% delle gravidanze. E’ dimostrato che l’infezione da Clamydia può indurre minaccia d’aborto, aborto spontaneo, minaccia di parto prematuro, PROM, corioamniosite, morte perinatale e neonatalità a basso peso. Lo streptococco beta-emolitico richiede di regola una identificazione in gravidanza attraverso l’esecuzione di colture specifiche e una profilassi antibiotica al parto per evitare pericolose infezioni neonatali. Una terapia topica e sistemica delle infezioni vulvovaginali deve tener conto degli agenti patogeni che ne sono all’origine.