103. Neoplasie della vulva

In: Manuale di Oncologia Chirurgica.
Autori: V. Staudacher, B. Andreoni, U. Veronesi, A. Costa. Ed Masson, Milano.
cap. 37, pag. 707-708. 1994
(in coll. B. Andreoni, A. Ferrari)
Summary: I tumori della vulva rappresentano il 3.5% di tutti i tumori dell’apparato genitale femminile e presentano la loro massima incidenza in età avanzata (media 60 anni). Le lesioni vilvari comprendono: condilomi, fibromi, lipomi, linfangiomi etc. che possono essere curati con la semplice escissione chirurgica; le distrofie vulvari, le iperparacheratosi, la leucoplachia ( Lichen scleroso) fanno parte di una malattia distrofico-degenerativa che compare in genere dopo la menopausa insieme ad una progressiva sclerosi del derma. Almeno il 20% delle neoplasie vulvari sono precedute da una distrofia. Il Carcinoma in situ raggruppa lesioni descritte in passato sotto varie dizioni: morbo di Bowen, eritroplasia di Queyrat,malattia di Paget extramammaria. La neoplasia intraepiteliale della vulva viene definita con il termine di VIN che si manifesta in età più precoce rispetto al Ca invasivo ( 50% delle pazienti presenta età inferiore a 40 anni ). In 1/3 dei casi di VIN è dimostrata la coesistenza di una infezione da HPV. Solo la biopsia fornisce una certezza diagnostica e con essa si ottengono informazioni circa il grado di invasività del tumore. Il test di Collins consente di scegliere le aree che possono essere sottoposte a biopsia sfruttando l’affinità nucleare per il blù di toluidina. Il Carcinoma microinvasivo della vulva comporta una invasione del corion vulvare: se l’invasione non superiore a 1 mm. non viene riferito in letteratura il possibile rischio di coinvolgimento linfonodale. Fra 1 e 3 mm. tale rischio è pari al 4%, mentre fra 3 e 5 mm questo rischio aumenta in modo significativo. Fra i tumori maligni della vulva, nell’85% dei casi prevale l’istotipo squamocellulare. Molto più rare sono le forme basocellulari, gli adenocarcinomi, i melanomi e i sarcomi. Spesso si tratta di lesioni plurifocali. La lesione vulvare può presentare un aspetto vegetante oppure ulcerato endofitico. La stadiazione FIGO è espressione di una valutazione anatomo-chirurgica della lesione: I stadio: tumore confinato alla vulva di diametro uguale o inferiore a 2 cm ; II stadio: tumore vulvare superire a 2 cm con linfonodi non sospetti; III stadio: tumore di qualsiasi diametro con interessamento di uretra inferiore, vagina, perineo, ano o linfonodi inguino femorali monolaterali; IV stadio A: invasione di uretra craniale, vescica, mucosa rettale, ossa pelviche e/o linfonodi regionali bilaterali; linfonodi pelvici e/o metastasi a distanza. La chirurgia costituisce ancora oggi il perno del trattamento dei tumori della vulva. La vulvectomia radicale con linfadenectomia inguinale bilaterale in monoblocco secondo la tecnica di Way è gravata da una deiscenza della ferita che in alcune casistiche raggiunge l’85%, con linfedema cronico agli arti inferiori nel 30-70% dei casi e prolasso genitale e/o stenosi dell’introito vaginale nel 15-20% dei casi. Attualmente si va affermando la tendenza ad impiegare una chirurgia meno estensiva, impiegando incisioni inguinali separate. Le recidive locali con questa tecnica sono del 4.4% contro il 2.2% utilizzando la tecnica tradizionale.La sopravvivenza a 5 anni nel T1 può giungere all’85-90% dei casi, mentre nel T2 e T3 la sopravvivenza può giungere rispettivamente intorno al 60% e al 35%. Nel T4 la sopravvivenza a 5 anni è pressochè nulla. Nel tumore al I e II stadio con linfonodi negativi la sopravvivenza a 5 anni è pari mediamente al 80% dei casi, mentre nel III e IV stadio con linfonodi positivi la sopravvivenza scende mediamente intorno al 20-30% dei casi. Tuttavia se la metastasi linfonodale è intracapsulare o inferiore a 5 mm la sopravvivenza dopo radioterapia complementare è del 90% contro il 20% se la metastasi linfonodale è extracapsulare o superiore a 15 mm. Le recidive dopo vulvectomia radicale si presentano a livello locoregionale nell’85-90% dei casi. Quando il tumore si presenta inizialmente esteso e coinvolgente i distretti linfonodali si preferisce oggi eseguire una chemioradioterapia.